11 Febbraio 2016

Tachis, il ricordo del personale dell’Irvo

tachisLa prima “tappa” di Giacomo Tachis in Sicilia è nel 1992. All’IRVO, in quel periodo, presidente era Diego Planeta.E’ stato proprio lui ad invitarlo come consulente tecnico. E’ con il sapiente contributo di Tachis all’attività di ricerca della cantina di microvinificazione dell’Istituto Regionale del Vino e dell’Olio, che ha inizio il “rinascimento” dei vini siciliani, oggi riconosciuti in tutto il mondo come vini di eccellenza e a forte identità territoriale. La Sicilia del Vino deve molto a Giacomo Tachis, l’enologo “poeta”. Così, a pochi giorni dalla scomparsa, si è voluto ricordarlo pubblicando qui di seguito alcune pagine libro che qualche anno fa gli è stato dedicato: “Giacomo Tachis, enologo corsaro” di Bruno Donati, casa editrice Terra Ferma.

“La nuova Sicilia del Vino sarà sempre grata a Giacomo Tachis, – commenta il direttore dell’IRVO, Lucio Monte – il suo contributo alla crescita in qualità delle produzioni enologiche dei diversi territori siciliani resta ineguagliabile“.

Del resto il periodo in cui Tachis ha lavorato al servizio dell’enologia siciliana coincide proprio con quello della crescita del numero di aziende siciliane di prestigio. La Sicilia del Vino di oggi è molto diversa da quella degli anni ’80: siamo ormai lontani dagli oltre 4,5 milioni di ettolitri di vino sfuso che venivano venduti. Oggi i vini, ben confezionati, si identificano con territori importanti da tanti punti di vista, e godono di un mercato mondiale. Ma è grazie all’intuizione, seguita da un’oculata pianificazione ed un “forte” lavoro di team, che si è reso possibile il percorso di “riposizionamento” del vino dell’isola. Accanto al presidente Planeta, un gruppo di dirigenti dell’IRVO: Vincenzo Melia, Dario Di Bernardi, Antonio Sparacio, Felice Capraro ed in seguito Daniele Oliva. Con loro Tachis inizia la “rivoluzione”. Si cominciano ad impostare inediti ed innovativi protocolli di vinificazione di vini rossi. E spiccano i vitigni autoctoni. “Tachis intuì che il Nero d’Avola poteva diventare il vitigno bandiera della Sicilia. Riuscì a creare vini nuovi, al passo con i gusti dei consumatori ed espressione dei vari territori dell’isola: con lui si sviluppò il concetto di “Sicilia continente del vino”. – racconta Sparacio – Era profondamente innamorato del Frappato e del Grillo. Per noi il dr. Tachis è stato un grande maestro, una persona dalla grande umiltà e con una profonda conoscenza della scienza enologica“. Un particolare significato attribuisce al Progetto Vino di Mozia dell’anno 2005 Dario Di Bernardi: “E’ stato un progetto enologico e culturale allo stesso tempo, un prototipo innovativo di vino-territorio, a partire dal piano di restauro dell’antico vigneto e la vinificazione delle uve surmature, fino alla scelta di un packaging ad elevato contenuto simbolico-culturale e la degustazione-narrazione nel contesto di eventi nazionali e internazionali”.

Ecco il link dove potete consultare il libro. Si ringraziano l’autore Bruno Donati e la Casa editrice Terra Ferma.

 

 

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