20 Dicembre 2012

Le amate cantine di Sicilia, la riflessione di un esperto

di_bernardi

I Dirigenti di Banca Mediolanum, di concerto con l’IRVOS, hanno scelto una cantina per il loro incontro di fine anno. L’Ordine Nazione Architetti ed Ingegneri sta organizzando per febbraio prossimo il suo meeting in Sicilia e contatta l’IRVOS per trovare una sede opportuna che sia collegata con le cantine, con il mondo del vino. L’arte cerca il vino.

Viaggiatori, professionisti, scrittori, wine lovers. In molti bussano alla porta di questo ancora poco conosciuto protagonista della modernità e lui, ancora immerso nei suoi travagli fermentativi, distratto ed inebriato dal suo stesso profumo e dai morbidi colori delle sue bottaie, si gira curioso, e ha lo sguardo sornione, un’ espressione sorridente, buona, non nasconde la sua gioia nel vedere quel l’Uomo che vuol scoprirne la segreta e silenziosa bellezza.

Sapere di vino appartiene oggi alla sfera dei desideri che rientrano tra i bisogni dell’uomo contemporaneo. In un mondo sempre più affollato da messaggi mediatici, pubblicitari, notizie in “tempo reale” e quant’altro, in un dilatarsi dell’offerta che non ha precedenti nella storia e nelle consuetudini della nostra isola, conoscere diventa sempre più un esigenza e una necessità. Il desiderio di sapere viene principalmente rivolto ai sistemi di produzione, dal vigneto fino alla vinificazione, per arrivare poi al riconoscimento nel bicchiere degli elementi del gusto, ai giusti abbinamenti, alle regole del buon bere e perché no al godimento del vino.

L’elemento di collegamento tra saperi relativi a diversi operosi ingegni dell’uomo, i mestieri, è identificabile nella qualità. Qualità, parola di origine latina, è il modo di essere, la proprietà, la natura, cioè “quale una cosa è”. Analisi nella sostanza, come principio e rigenerazione di un processo di orientamento dell’uomo. L’uomo contemporaneo che vuole sviluppare una propria ed autonoma posizione interpretativa per orientarsi nell’affollato mercato della modernità. Ecco allora che la domanda di qualità alimentare del vino si riconduce con evidente immediatezza alla soddisfazione di un bisogno primario dell’uomo.

Il parlare umano attorno alla questione del vino si traduce in un parlare dell’alchimia della trasformazione. Il vino è infatti l’elemento simbolico della trasformazione. Il pensiero cerca di soddisfare l’emergenza della percezione di uno stato di crisi, di cui tutti i media danno evidente conferma, introducendo la possibilità della trasformazione, nell’intenzione di decifrare un codice che gli permetta di gestire costruendolo il proprio processo di cambiamento ed il recupero di un nuovo equilibrio di adattamento. Le sequenze previste in questo tratto dell’esperienza del vivere, di cui la storia ci conferma l’evidenza di una condizione umana in tempi e luoghi millenari, sono le stesse conseguenzialità che maturano nel processo di trasformazione del mosto in vino, cioè è la traccia di come la natura attrezza i suoi processi alchemici di cambiamento, per raggiungere alla fine a cosa? Ad un nuovo equilibrio, una nuova armonia, che ha migliorato gli elementi che originariamente l’hanno determinata, e che di quelle origini conserva, in tutti i suoi tratti, la memoria. Ecco perché nel vino di oggi si vuole riconoscere la frutta, ecco anche la probabile spiegazione di tutta questa nuova domanda di vini naturali, biodinamici, aldilà spesso delle stesse possibili giustificazioni scientifiche: si vuol percepire il messaggio alchemico in tutta la sua vera essenza, senza contaminazione ed alterazioni dell’intervento umano del quale oggi, forse, poco ci si fida. Si vuol fare da soli, come nei momenti segnati da una preoccupazione, si vuol rischiare in prima persona e ci si vuole affidare a ciò che di più rassicurante si riesca a individuare. All’ultimo rifugio umano, la primordiale maternità espressa nelle regole della natura e nella sua eterna capacità di rigenerarsi.

Quindi in effetti ciò che noi tocchiamo quando poniamo il vino al centro della questione è di portata assai ampia, il vino della sacralità che si rinnova ogni domenica nel miracolo di milioni di fedeli che si riuniscono nell’evocazione della religione cristiana, non è fatto di polifenoli, anche se è di quella che sanno e vogliono parlare i tecnici della produzione. Nel pane e nel vino, elementi simbolici del cristianesimo non si misurano amidi, zuccheri e calorie. Quando noi discutiamo di vino, nelle consolanti penombre delle barricaie, delle Abbazie del vino, negli austeri templi di ciò che nel passato scandì le giornate dei monaci e delle loro riflessioni sul tempo e sull’uomo, evochiamo qualcosa che all’interno dell’uomo vive nello spazio dei suoi valori e delle sue spiegazioni possibili sul senso dell’esistenza e dell’umana condizione.

Come bevo, come mangio, e cosa soprattutto, se non con chi, fanno di me l’uomo che decido liberamente di essere. Ecco, in questa scelta, che è alla portata di tutti quelli che abbiano sufficienti elementi di conoscenza per poterla governare, risiede un contemporaneo concetto di libertà. Questo spazio che è del corpo e della mente merita di essere nutrito perché può essere uno spazio di crescita nel processo di neo formazione dell’uomo contemporaneo che dovrà ristabilirsi in chiave mediterranea senza trascendere da tutto ciò che è stato. Certo, al cospetto delle difficoltà e delle delusioni socio politiche della contemporaneità, è diffusa la sensazione, inevitabilmente frustrante, dell’immaginare modelli scandinavi che seppur più efficienti poco ci appartengono e ancor meno possiamo comprendere e riprodurre.

Nel contesto così descritto appare la nuova formula della convivialità, che nella memoria del buon Platone, ci riporta ad una questione che scaturisce dall’uso moderato del vino, che stimola ed acuisce il pensiero e si riprende il tempo della conversazione e della riflessione. Così il vino diventa incontro, dibattito, discussione, e si fa arte, musica, lettura, nei suoi luoghi che sono le cantine, con i suoi protagonisti che sono ovviamente i produttori, con i suoi narratori che sono quella moltitudine umana che quotidianamente avverte e gestisce processi di socialità per costruire quelle invisibili e magnifiche opere che rendono onore all’essere umano e che in una possibile sintesi si esprimono nella sempre amata civiltà.

Dario Di Bernardi / Ufficio Enoturismo

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